Tra stanchi ferrovieri un poco buffi
Notturne guardie, con grossi baffi
Mandavan giù quel vino come fosse
Un dio con passi di velluto rosso
Per non pensar domani é un altro giorno
E al puzzo di sudore in pieno inverno
Che traspirava dai baveri alzati
Dei loro pastranoni stazzonati
Un cameriere brutto quanto basta
Ci prospettava riso, oppure pasta
Sbirciava l'orologio e - si vedeva - ci odiava
E le puttane su sgabelli appollaiate
Con quelle gambe certo troppo accavallate
Offrivano agli sguardi di platea
La loro industria con la mercanzia
Mentre I magnaccia nei lapin impellicciati
Con quei pesanti anelli grossi ed ostentati
Bevendo rhum, contavano la grana
Nel mentre che fumavano marjuana
Un fumo grosso si tagliava a fette
L'ora diceva quattro e zerosette
La filodiffusione diffondeva
Una canzone, sì, come pioveva
Seduti al tavolino si aspettava
Il risottino, e intanto si capiva
Di quanto fosse inutile parlare
Di quanto fosse inutile sperare
Ci guardavamo muti dentro gli occhi
Per una strada chiusa, senza sbocchi
Pensando forse a un'isola lontana, lontana
Ed un barbone che sfogliava le attricette
Forse sognando di palpar loro le tette
La sigaretta fatta con cartine
Gli provocava tosse senza fine
Le mani vinte, sprofondate nelle tasche
Ed un destino, dalle tinte troppo fosche
Davanti a una schedina sfortunata
La nostra storia era così, finita