Guardo il volto nell’abisso mentre lento si disperde
L’aria carica d’incenso lascia un vuoto dentro me
Persi un battito, un respiro, poi la vita in un secondo
Una maschera di vetro mi impediva di
Osservar tutto il mio spirito dileguarsi come luce
In fulgidi raggi eterei sublimar l’oscurità
Ora quell’abisso mi guarda dall’interno
Posso rifiutarlo o fondermi con lui
Nel sogno la sua strada s’interruppe bruscamente in quel deserto
Il simbolo divenne verbo chiaro più del giorno e delle stelle
Che spietato chiamava a sé nelle prime ore del tramonto
Le paure e le necessità, le pulsioni e I desideri del mio corpo
La crudeltà di aprile a mietere altre vittime
Penetra come ieri il suo dolce profumo
Ascendeva dalle tenebre astarte incantatrice, ingannevole
Vidi il volto suo nell’acqua, nel fuoco e nella terra, e in tutto ciò che è
L’aria sale e scende, il petto sale e scende
Come mille ascensori di vetro si gonfiano
E si plasmano I miei organi, ma non respiro
Cerchi concentrici respingono
I miei tentativi di evoluzione
Mentre sogno di cominciare a vivere e di tornare a morire
Cenere alla cenere, polvere alla polvere
Continuo a ripetere le cose per poterle controllare
Lancio il rocchetto, richiamo il rocchetto
Lancio il rocchetto, richiamo il rocchetto, in eterno
Il rocchetto è la mia ragione di vita
Non sono più morto
Non sono ancora vivo
Sono al centro
Apri gli occhi nel biancore
Circondato dal torpore
Del soffio primordiale
Una cellula infinita
Angosciata dal suo fato
Sull’orlo della vita
Come il primo padre del branco
Nell’orda dell’inizio
Ebbro del suo narcisismo
Condannato al dubbio eterno
Tra l’amore e la necrosi
Riprodursi o regredire